Il diritto al gioco
Il diritto al gioco è riconosciuto dall’articolo 31 della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, che garantisce a tutti i bambini il diritto al riposo, al tempo libero, al gioco e alla partecipazione alla vita culturale e artistica. Sebbene la Convenzione non menzioni esplicitamente un “diritto alla felicità“, essa tutela il benessere dei minori attraverso diritti fondamentali come la protezione, l’istruzione e lo sviluppo armonioso. Il gioco, insieme alla socialità, è essenziale per il benessere psicofisico del bambino, favorendo lo sviluppo dell’autonomia e delle capacità cognitive, sociali ed emotive. Inoltre, ha un valore educativo cruciale, poiché si manifesta in molteplici aspetti della vita infantile e accompagna il bambino in tutte le fasi della crescita.
Secondo lo studioso Jean Piaget, il gioco simbolico svolge la funzione di organizzare il pensiero del bambino in una fase in cui il linguaggio non ha ancora raggiunto la sua piena padronanza. Quando si parla di diritto al gioco, si intende non solo garantire ai bambini il tempo necessario per giocare, ma anche offrire spazi e materiali adeguati affinché possano esprimersi liberamente e in sicurezza. Non è possibile negare a un bambino la possibilità di giocare, perché ogni bambino apprende e cresce proprio attraverso il gioco.
L’infanzia
Durante il periodo dell’infanzia è essenziale che ogni bambino possa ricevere un’educazione adeguata sia in famiglia che a scuola, poiché questa fase è decisiva per la costruzione della personalità. L’infanzia rappresenta un bene prezioso da proteggere, una tappa evolutiva fondamentale per la crescita. In questo periodo diventano molto importanti le interazioni con i coetanei, ma ancora di più il rapporto con le figure genitoriali, perché attraverso la relazione con mamma e papà il bambino sviluppa un senso di sicurezza interiore.
Le relazioni primarie con coloro che si prendono cura del bambino sono infatti decisive per permettergli di capire cosa aspettarsi dagli altri nelle future relazioni sociali. Le figure genitoriali dovrebbero quindi saper offrire indicazioni chiare, essere presenti con affetto e attenzione, e rispondere in modo accogliente ai bisogni del proprio figlio, contribuendo così alla sua crescita armoniosa.
Le varie tipologie di gioco
Le caratteristiche del gioco evolvono nel corso della crescita del bambino e si sviluppano insieme alle sue capacità cognitive. Il gioco solitario è tipico dei bambini molto piccoli, che si concentrano sulla manipolazione degli oggetti e, pur osservando i coetanei, spesso non interagiscono con loro per timidezza o paura. Successivamente compare il gioco parallelo, che è una forma di gioco egocentrico, in cui i bambini giocano vicini ma senza scambiarsi attenzione o azioni comuni.
Il gioco simbolico, invece, appare già nella prima infanzia come una semplice rappresentazione mentale di situazioni, ma con il tempo si trasforma in un’attività concreta e condivisa con altri bambini. Attraverso questo tipo di gioco, il bambino impara a sviluppare competenze sociali sempre più complesse e organizzate, fondamentali per la vita di relazione.
Infine, intorno ai tre anni, il bambino comincia a praticare il gioco complementare, che permette di stringere le prime amicizie, di interagire con i compagni e di partecipare attivamente ai giochi di gruppo, favorendo così la socializzazione e la crescita affettiva.