Il potere della fiaba: Come un racconto trasforma emozioni e connessioni

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L’importanza della fiaba

La fiaba è molto più di un semplice racconto: è un ponte che conduce il bambino verso mondi dove le emozioni trovano casa, dove la fantasia può sbocciare e dove l’esperienza diventa consapevolezza.
Da un punto di vista pedagogico, la sua importanza è fondamentale, perché permette a ciascun bambino di attribuire un significato profondo alle proprie esperienze, aiutandolo a dare forma e voce a ciò che sente e vive.
Raccontare una fiaba non è mai un gesto banale.
Può avvenire in un momento intimo, tra le braccia di un adulto, o in un contesto di gruppo, dove la condivisione di storie crea legami e genera scambi emotivi.
Durante le attività di gioco psicomotorio, il bambino è libero di trasformare ciò che immagina in azione, esprimendo se stesso attraverso i suggerimenti di una creatività che non conosce limiti.
Ma affinché la magia della fiaba possa sbocciare pienamente, è essenziale costruire un ambiente accogliente, uno spazio dove morbidezza e avventura si intrecciano, dove gli oggetti diventano strumenti per esplorare, creare e relazionarsi. In questo contesto, lo psicomotricista diventa una guida discreta, un custode di mondi inesplorati: accoglie le azioni di ciascun bambino, le valorizza, e lo accompagna nella creazione di una storia unica e speciale.

Esperienze che lasciano il segno

Ricordo ancora il giorno in cui, durante un’attività di psicomotricità in una scuola primaria, lessi una fiaba ai bambini.
Era il momento di presentare il materiale di gioco, ma prima volli condurli in un viaggio immaginario.
Invitarli a osservare gli oggetti nella stanza e a discuterne li aiutò a sentirsi più vicini, a creare una connessione autentica.
La fiaba che scelsi quella volta si intitolava L’albero e il bambino. Non era solo una storia, ma una metafora potente che paragonava il bambino a un albero: così come una pianta non può crescere da sola, un bambino ha bisogno di cure, relazioni e spazi per sviluppare la propria autonomia e la propria immaginazione.
Quel racconto accese qualcosa nei bambini: attraverso il gioco simbolico, diedero vita a un’esplosione di creatività, socializzazione e coinvolgimento emotivo.
Ma la storia che mi rimane più impressa è quella di M. Era un bambino introverso, quasi invisibile nel gruppo.
Ogni volta, si sedeva in un angolo della stanza, con la testa china, lo sguardo perso, il corpo che trasmetteva chiusura e tristezza.
I suoi compagni cercavano di coinvolgerlo, ma nulla sembrava scuoterlo da quel suo piccolo mondo solitario.
Poi accadde qualcosa di straordinario.
Un giorno, dopo aver ascoltato la fiaba, M. si alzò di scatto e si avvicinò al gruppo.
I suoi occhi, sempre così spenti, brillavano di un interesse nuovo.
Cominciò a disegnare alberi.
Tuttavia, attraverso la musica, il movimento e il gioco psicomotorio, qualcosa cambiò.
M. iniziò a imitare i personaggi del racconto, con una buffa leggerezza che fece sorridere tutti.
L’angolo della stanza, che per tanto tempo era stato il suo rifugio, smise di appartenergli.
Adesso amava correre, sorridere, risolvere i piccoli conflitti che nascevano durante le attività.
Il momento più bello fu quando, con i suoi amici, creò un grande albero di carta: ogni giorno, aggiungevano nuovi rami, foglie e fiori dai colori vivaci.
Era l’immagine tangibile di una trasformazione interiore, di una crescita che non era solo sua, ma anche del gruppo che lo aveva accolto.
La fiaba non era stata solo una storia, ma un dono che aveva permesso a M. di trovare il suo posto nel mondo, di esprimere ciò che sentiva, di essere parte di qualcosa di più grande.
E in quello spazio pieno di risate, colori e vita, era sbocciato anche lui, come un albero rigoglioso sotto un cielo pieno di possibilità.


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